mercoledì 18 marzo 2015

E io che volevo mostrarti la strada

L'accordo è di "vederci" sotto casa... ti citofono per farti sapere che sono arrivata e, come tutte le volte, mi dirai di salire. L'ascensore è quasi sempre occupato e dieci piani sono la tua scelta per avere il giusto panorama, per “sentirla” tutta questa città, dai piedi del monte che la protegge alle spalle, al mare che ne spazia l'orizzonte infinito. L'hai scelto tu il tuo nido, con i balconi che corrono intorno alle sue mura... un pezzetto di spazio dove stare sospesi sul cielo. Quando entro tu non sei pronta, non sei mai pronta e questa è una cosa comune alle persone che nella vita vorrebbero fare tutto. Ma proprio tutto. “Che tempo fa fuori?” Allora io mi affaccio dal finestrone della sala e comincio a descriverti il cielo. Ci stanno di quei giorni che davvero non è facile, questo luogo ti regala dei tramonti che io mai nella mia vita avevo visto. E arranco con le parole, consapevole che esse non riusciranno mai a riempire il vuoto che i tuoi occhi regalano. Eppure sorridi, ti si gonfiano le guance e sembri davvero riuscire a dare forma ai miei pensieri: un giorno ti chiederò se lo fai per farmi felice o se davvero ti arriva qualcosa, un ricordo, una sfumatura di colore... Ti preoccupi dei vestiti (tua figlia spesso ride agli accostamenti multicolore dei tuoi capi) ma io ti trovo bella così come sei, sfacciata, vivace, inconsapevolmente viva. Il canto, il ballo, le lezioni a scuola, i ferri a maglia, il pilates... è che vorresti infilarci dentro tante altre cose ma le giornate sono fatte di 24 ore e tu non te ne fai proprio una ragione. E' una corsa la tua sai?! Io forse l'ho mezzo capito, è una gara per prenderti tutto quello che le persone come te non possono o non riescono a fare. E' una sfida alla privazione che la natura ti ha regalato. E' la dimostrazione -meglio riuscita- della potenza della volontà. Ed è l'ottimismo che mi spiazza, la tua felicità, l'humour sottile... tutto ciò mi fa sentire ingrata verso la me stessa sana, quella che si lascia affondare per sua stessa mano, quella che si benda gli occhi.
Tu che vivi in un mondo senza colori, racconti a me quanto è bello questo cielo...