Ogni tanto ci penso a questo posticino, a quando ho tirato su le sue mura, al tempo che mi sembrava "quello giusto". Come quando entri in una nuova casa, la vuoi fare tua, vuoi appenderci i tuoi quadri, riempirla con le tue cose... sarà tua quando riuscirai a metterci dentro la tua vita passata e presente, lasciando lo spazio necessario per quella futura. Io è così che pensavo di fare con questo posto. Poi sono cambiati i tempi ed i luoghi, sono cambiate le persone e le abitudini, ma soprattutto sono cambiate le priorità. Ma i bisogni? Sono cambiati anche quelli? No perché a volte penso che mi farebbe bene venire qui ad appendere una tendina, aggiungere un libro sulla mensola; i luoghi sono come i rapporti, se non li frequenti/alimenti, quelli poi non ti appartengono più. A me i pensieri fanno il tagatà in testa, se li ordino qui, come fossero calzini nei cassetti, poi li ritrovo prima. Li acchiappo più in fretta... non me li perdo più.
Primo cassetto del comodino, in basso a sinistra:
Tutti i colori, tutti mischiati tra loro mentre rotolo giù dal gonfiabile. E' enorme, o sono io molto piccola. Ho delle calze di lana rosa con dei fiorellini bianchi, mi tiro giù la gonnina con le mani, le nocche bianche per l'impegno che ci metto a non farla scappare. Mi lancio testa giù, rosso/cielo azzurro...giallo/cielo azzurro...verde/cielo azzurro...fuxia/cielo azzurro... lui/lei/cielo azzurro. Il fiatone forte e la risata adrenalinica "posso farlo ancora?". E' lei che mi risponde "certo!".., ha un sorriso bianchissimo e dei riccioli rossi/marroni che sbattono un po' con il rossetto fuxia. Ma il suo sguardo è sincero, la sua felicità autentica, autentica e precaria come la mia. La serenità di entrambe appesa al medesimo filo invisibile: lui. Lei già arresa a ciò che non si può cambiare, io estranea alla logica dei rapporti umani... ma con le stesse identiche sensazioni, la stessa spregiudicata consapevolezza.
Dei gonfiabili hanno riportato a galla questo lontanissimo ricordo, talmente frammentario e sbiadito da non potervi aggiungere altro. Come mi capita sempre, più che i fatti, sono le sensazioni che tornano a galla. Passato lo stupore del ricordo mi sono chiesta dove fosse ora quel sorriso, lei si chiamava Grazia. Chissà se Grazia ha trovato la serenità per sorridere sempre in quel modo stupendo...
Primo cassetto del comodino, in basso a sinistra:
Tutti i colori, tutti mischiati tra loro mentre rotolo giù dal gonfiabile. E' enorme, o sono io molto piccola. Ho delle calze di lana rosa con dei fiorellini bianchi, mi tiro giù la gonnina con le mani, le nocche bianche per l'impegno che ci metto a non farla scappare. Mi lancio testa giù, rosso/cielo azzurro...giallo/cielo azzurro...verde/cielo azzurro...fuxia/cielo azzurro... lui/lei/cielo azzurro. Il fiatone forte e la risata adrenalinica "posso farlo ancora?". E' lei che mi risponde "certo!".., ha un sorriso bianchissimo e dei riccioli rossi/marroni che sbattono un po' con il rossetto fuxia. Ma il suo sguardo è sincero, la sua felicità autentica, autentica e precaria come la mia. La serenità di entrambe appesa al medesimo filo invisibile: lui. Lei già arresa a ciò che non si può cambiare, io estranea alla logica dei rapporti umani... ma con le stesse identiche sensazioni, la stessa spregiudicata consapevolezza.
Dei gonfiabili hanno riportato a galla questo lontanissimo ricordo, talmente frammentario e sbiadito da non potervi aggiungere altro. Come mi capita sempre, più che i fatti, sono le sensazioni che tornano a galla. Passato lo stupore del ricordo mi sono chiesta dove fosse ora quel sorriso, lei si chiamava Grazia. Chissà se Grazia ha trovato la serenità per sorridere sempre in quel modo stupendo...