Ti riportiamo a casa.
E tu sai che questa è la via del
ritorno: riconosci gli odori ed i colori, tutto intorno ti urla
familiarità. Tutto intorno è intatto, nulla più è come prima.
Manchi tu nel tuo corpo stravolto, e c'è la casa, e c'è la terra, e
non c'è più la tua abitudine. La tua vita è fuggita via, s'è
portata dietro tutto quello che ti rendeva un uomo. Un uomo nella sua
casa.
Io, seduta, guardo te, cerco nei tuoi
occhi quella lucidità che è sempre stata ancora di salvezza. Per
te, per me, per questa famiglia striminzita, minuscola, retta da
quattro anime in croce.
Potentissimo legame di micromondi assoluti.
Fai cenno di si con la testa, sei arrivato e ti sento perso,
lontanissimo. Vorrei cavarmi gli occhi, il cuore, la mente, vorrei
fartene dono, così che tu possa ancora una volta, una volta
soltanto, “sentire” il tuo mondo. Così stringo la tua mano, è
la stessa in cui mi sono rintanata innumerevoli volte, ci ho versato
lacrime, ci ho riso di gioia pura.
Non ti lascio.
Le vedi queste mura
porose? E' la tana che tu hai costruito e mantenuto con infinita
cura, giorno dopo giorno. I fatti hanno riempito le nostre esistenze,
i silenzi erano conferme di cose già acquisite, la “casa”
eravamo Noi.
E tu, che sei partito molto prima del
tuo corpo, hai portato via con te la quiete del mio nido e quel senso
di pace che solo le radici profonde, sanno dare.